Val Tidone
La “Strada dei Vini e dei Sapori dei Colli Piacentini” parte dalla Val Tidone, la vallata più occidentale della provincia di Piacenza, che divide il territorio emiliano da quello lombardo ed è attraversata dall’omonimo torrente. Per la sua posizione strategica di collegamento tra la Pianura Padana e la Lombardia, è stata fin dall’antichità luogo di confine e di passaggio, testimoniato dai reperti protostorici e di età romana, dai numerosi castelli e dalla strada Romea che passava per la valle. La vallata, ampia e soleggiata, coi prati e le morbide colline coltivate a frutteti e a vigneti, i boschi cedui e le pinete nella parte più alta, promette quiete e relax ed è ideale per escursioni di carattere naturalistico.
Il percorso, alla scoperta dei sapori e dei profumi di questa vallata, parte da Castel San Giovanni. Le prime notizie riguardanti l’esistenza di un fortilizio a Castel San Giovanni si trovano in un documento del 954: nel 1290 Alberto Scoto fece costruire una roccaforte in funzione antipavese, di cui non è rimasta traccia. Nel 1784 l’edificio, ormai fatiscente, su ordine di Ferdinando da Borbone, fu demolito. Nel XIV secolo al centro del paese venne edificata la Collegiata di San Giovanni in stile gotico-lombardo, più tardi arricchita con stucchi barocchi. Risale al 1476 la vicina chiesetta di San Rocco, mentre la rinascimentale Santa Maria in Torricelle venne edificata nel 1576. Nei pressi Villa Braghieri Albesani, edificio signorile tardo-seicentesco, è circondata da un parco ricco di alberi secolari.
Da Castel San Giovanni, attraverso la strada che conduce a Creta, passando per Luzzano e Vicobarone, ammirando sinuose colline dagli ordinati vigneti, si arriva a Ziano Piacentino: il suo territorio, tra la provincia di Piacenza e quella di Pavia, ebbe nel medioevo un’importanza strategica, testimoniata dalla presenza di numerosi castelli. Tra questi, di quello di Ziano, menzionato in un documento del 1029, rimane soltanto qualche traccia di muro e le costruzioni in pietra che un tempo vi erano addossate. Ancora intatto è il vicinissimo castello di Seminò, mentre la dimora seicentesca di Montalbo è stata ricavata dal preesistente castello duecentesco. A Vicomarino, Costiola, Vicobarone e Luzzano si trovano vestigia di precedenti strutture fortificate.
Da Ziano Piacentino, in pochi minuti si fa tappa a Borgonovo Val Tidone. Il paese che fu edificato dai Piacentini nel 1196 con funzione antipavese, conserva ancora la Rocca che attualmente ospita gli uffici comunali e il Punto di Informazione Turistica; all’esterno il castello è integralmente in laterizio, di impianto trecentesco, mentre gli interni, con il loggiato a tre ordini e lo scalone a due rampe, risalgono al XVII secolo. Da visitare è la Collegiata di Santa Maria Assunta in stile gotico-lombardo.
Percorrendo la statale 412, superato Castelnovo, ammirando vigneti che ricoprono i dossi collinari, seguendone con precisione le sinuosità, si arriva a Pianello Val Tidone, situato in una zona già abitata in epoca romana; i reperti affiorati nelle campagne circostanti sono conservati nel Museo Archeologico allestito in una parte del castello, fatto costruire nel 1300 da Jacopo Dal Verme e attualmente proprietà comunale. Poco distante, arroccata su uno sperone roccioso, si erge la Rocca d’Olgisio, già documentata nell’XI secolo.
La statale conduce a Nibbiano: del castello, citato in un documento del 1029, sono riconoscibili alcuni elementi incorporati nelle abitazioni rurali circostanti, come la torre, all’ingresso del paese, e la piazzetta dalla bassa struttura porticata.
Da Nibbiano in pochi minuti si arriva a Caminata, piccolo borgo fortificato, che sembra derivare il proprio nome dagli stretti camminamenti segreti che lo attraversano. Parte di questi passaggi segreti è ancora visibile insieme alle torri, alle abitazioni in sasso e alle antiche botteghe medievali.
Ritornando a Pianello V.T., seguendo il percorso della “Strada dei Vini e dei Sapori dei Colli Piacentini”, si raggiunge Piozzano, il cui territorio, a causa della posizione a cavallo tra le valli del Tidone, del Trebbia e del Luretta, fu conteso durante tutto il medioevo. Piccoli insediamenti fortificati e antiche pievi sono disseminati nei dintorni: Monteventano, Montecanino, Pomaro, Montebello, Cuccavello, San Gabriele, Vidiano.
Il percorso enogastronomico attraversa la Val Luretta e conduce ad Agazzano, dove è visitabile la Rocca del Trecento in ottimo stato di conservazione, al cui fianco si erge il Palazzo settecentesco circondato da giardini. Nelle colline dei dintorni, in parte solo rimaneggiati e in parte completamente ricostruiti, si ammirano i castelli della Boffalora, della Bastardina, di Grintorto, di Buriona di Cantone, di Tavernago, di Mirabello, di Montebolzone e di Sarturano.
“Strada dei Vini e dei Sapori dei Colli Piacentini: soste enogastronomiche in un territorio da conoscere e assaporare”, ed. 2011
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Val Trebbia
La “Strada dei Vini e dei Sapori dei Colli Piacentini” si sviluppa in Val Trebbia, in un percorso che si articola da Rivergaro a Coli. L’ampia vallata, che ha avuto da sempre una notevole importanza per lo sbocco verso la Liguria, si estende lungo tutto il corso del fiume Trebbia che si snoda per circa 110 Km. Mentre la zona bassa è per tradizione vocata alla viticoltura, l’alta Val Trebbia, ai confini con la Liguria, sfodera paesaggi di rara bellezza. In questi luoghi, dove le acque del fiume sono ancora balneabili e scorrono tra le rocce disegnando tortuosi meandri, sono praticabili diversi sport all’aria aperta, dal semplice escursionismo, alla canoa, alla pesca.
A sud di Agazzano, verso la pianura, si trova il comune di Gazzola, la cui sede municipale è posta nel castello risalente alla prima metà del XIV secolo, dagli evidenti rimaneggiamenti di età barocca. A testimoniare violenze e splendori degli antichi casati rimangono la Torre di Momeliano, i castelli di Monticello e Lisignano.
Superata Gazzola è consigliata una sosta a Rivalta dove, all’interno del caratteristico borgo fortificato, è visitabile il castello che domina la riva sinistra del Trebbia e che conserva una massiccia torre quadrata di origine medievale. La rocca fu ampliata verso la metà del XV secolo e conserva caratteristiche rinascimentali con portici e loggiati, mentre la facciata esterna con timpano triangolare e lo scalone, che dal cortile porta al piano superiore, sono settecenteschi. La zona fu teatro di una drammatica battaglia tra Romani e Cartaginesi: nel 218 a.C., durante la seconda guerra punica, l’esercito di Annibale sconfisse le truppe condotte da Publio Cornelio Scipione.
Da Gazzola si arriva facilmente a Rivergaro, amena località turistica, il cui castello, oggi Villa Anguissola Scotti, sottoposto durante il Medioevo a numerosi assalti, fu ristrutturato alla fine del XVIII secolo e vanta una bella facciata con colonne binate e timpano. Si consiglia una visita alla parrocchiale di Sant’Agata in stile neoclassico e al seicentesco oratorio di San Rocco.
La “Strada dei vini” prosegue lungo la statale 45 per raggiungere Travo, centro abitato fin dal Neolitico e poi colonizzato dai Romani, dove fu martirizzato S. Antonino, patrono della città di Piacenza. Il centro storico del paese si è sviluppato attorno al castello degli Anguissola, di impianto medievale, oggi proprietà comunale che ospita il Museo Archeologico.
La statale 45 si fa più stretta e tortuosa e, avvolta da una natura di incontaminata bellezza, da montagne appenniniche in cui ai campi coltivati si alternano boschi di faggi, castagni, querce e pini, conduce a Bobbio a circa 300 metri di altitudine, il centro turistico più importante della valle, stazione di villeggiatura legata al turismo fluviale. Il simbolo della città è il Ponte Vecchio, detto anche Gobbo, di origine romana, dalla inconfondibile sagoma irregolare delle sue undici campate, dovuta alla furia delle acque o, come vuole la leggenda popolare, all’opera del demonio che l’avrebbe costruito in una sola notte. Il centro storico del paese si sviluppa attraverso tortuose stradine lastricate di impianto medievale, vecchie case e palazzi signorili. La storia del borgo, ubicato in posizione significativa per il controllo della via del sale che da Piacenza, lungo la Val Trebbia, giungeva a Roma, si identifica con quella dell’Abbazia di San Colombano, fondata nel 614 d.C. dal monaco irlandese e che tra il IX e il X secolo visse il suo massimo splendore contribuendo alla trascrizione dei codici e alla trasmissione del patrimonio culturale classico. Nei locali del monastero trova sede il Museo dell’abbazia che, tra i reperti più preziosi, conserva una teca d’avorio del IV secolo d.C. Adiacente al monastero si trova la basilica di San Colombano, nella cui cripta si possono ammirare i resti di un mosaico pavimentale del XII secolo con storie bibliche e motivi iconografici legati ai mesi e ai mestieri. Da non perdere è una visita al castello Malaspina costruito agli inizi del XIV secolo, dal cui cortile interno si gode una stupenda vista della città e delle montagne circostanti.
Il percorso lungo la “Strada dei Vini e dei Sapori dei Colli Piacentini” prosegue in alta Val Trebbia e deviando sulla sinistra, dopo il Ponte San Martino, proseguendo per una decina di chilometri, arriva fino al paese di Coli che si sviluppa in una conca ai piedi del Monte S.Agostino, ad oltre 600 metri di altitudine. La località, che fu importante centro monastico dipendente da Bobbio, oggi è un piccolo borgo frequentato dai turisti nel periodo estivo. Da ammirare, nella piazza della chiesa, la crux Michaelica, lapide votiva con iscrizione del X secolo. Nelle vicinanze si trova il santuario del XVII secolo, dedicato a S.Agostino.
“Strada dei Vini e dei Sapori dei Colli Piacentini: soste enogastronomiche in un territorio da conoscere e assaporare”, ed. 2011
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Val Nure
La Strada dei Vini e dei Sapori di Colli Piacentini attraversa la Val Nure, una delle valli centrali della provincia piacentina. Visitare questa vallata significa immergersi in una natura suggestiva, riscoprire itinerari che una volta erano percorsi da muli carichi di olio dei mercanti genovesi e dei cereali dei mercanti piacentini, confondersi nel territorio montano circostante, ancora pullulante di castelli della nobiltà locale, di case in pietra simili a fortilizi e di mulini.
Nella zona pianeggiante si incontrano i castelli strategicamente più importanti come Altoè e Grazzano, attorno al quale è stato costruito il caratteristico borgo diventato una nota meta turistica. Nel settore appenninico ci si perde tra le cime interrotte da speroni rocciosi, tra i prati e i boschi ricchi di funghi e castagne, qui sono possibili suggestive escursioni verso laghi di origine glaciale, unici per la ricchezza della flora e della fauna.
La “Strada dei Vini e dei Sapori dei Colli Piacentini” raggiunge Grazzano Visconti. L’affascinante borgo, ricostruito in stile medievale all’inizio del Novecento, con le stradine circondate dal verde, le caratteristiche abitazioni con guglie e bifore, le botteghe artigiane famose per la lavorazione del legno, della ceramica e del ferro battuto, è una delle più note mete turistiche del territorio piacentino. Il borgo si deve a Giuseppe Visconti di Modrone che alla fine del XIX secolo, intorno ad un castello trecentesco, curò la costruzione del complesso rurale secondo il gusto neogotico.
Da Grazzano Visconti, seguendo la statale 654, si raggiunge Vigolzone dove reperti archeologici attestano che la zona fu abitata sin dai primi secoli dell’età cristiana. In paese si ammira il bel castello fatto costruire nella prima metà del XIV secolo, da Bernardo Anguissola, e restaurato agli inizi del ‘900, secondo i canoni neogotici. L’edificio presenta un possente torrione quadrato con merlature ghibelline.
Il percorso enogastronomico conduce a Ponte dell’Olio, importante fin dall’antichità per la sua posizione strategica di controllo delle vie commerciali che, dalla Pianura Padana, portavano ai porti della Liguria: per questa zona avvenivano gli scambi tra i cereali dei commercianti piacentini e l’olio d’oliva e il sale dei mercanti genovesi. In paese si può visitare la chiesa di San Giacomo (XVIII secolo), con il prezioso organo, e l’oratorio di San Rocco (XV secolo). Alla fine del paese si ammira lo scenografico castello di Riva, costruito nel 1277 e restaurato in stile neomedievale, mentre risalendo le colline del paese, alla sinistra del fiume si ammira un paesaggio piacevole; svoltando a destra si raggiunge Carmiano, piccolo borgo collinare sviluppato attorno ad un edificio di antica fondazione.
L’itinerario prosegue in alta Val Nure, in un territorio che vanta zone dalla natura incontaminata, dove diverse piccole aziende, aderendo al progetto Natural Valley, si sono dedicate alle coltivazioni biologiche. Il percorso della “Strada dei Vini e dei Sapori dei Colli Piacentini” si identifica con quello della statale 654 e arriva a Bettola, attraverso un itinerario che si snoda tra boschi e spettacolari vallate che si alternano a coltivi, dove ogni torre e campanile, ogni casa di pietra, ricorda la secolare lavorazione del sasso tipica della valle, in un territorio che ha avuto fin dal Medioevo un’importanza strategica.
La cittadina di Bettola, che significa osteria, era il luogo di sosta e di ristoro per i viandanti che attraversavano la vallata; l’accogliente cittadina è ancora luogo di scambi, di mercati e di passaggi ed è divisa dal ponte in due borghi, San Bernardino e San Giovanni con l’ampia piazza che ha al centro la statua di Cristoforo Colombo, la cui famiglia sembra originaria di questi luoghi. La casa natale di Colombo sorgerebbe ancora a Pradello dove esiste la Torre del Colombo, casatorre trecentesca sede di un museo dedicato al navigatore.
Da Bettola si sale verso Prato Barbieri e Groppovisdomo, attraversando piccoli borghi in cui predomina l’antica architettura rurale; il paesaggio attraversa boschi che si aprono su ampie e ordinate radure, dove l’itinerario si ricollega con l’abitato di Gropparello.
“Strada dei Vini e dei Sapori dei Colli Piacentini: soste enogastronomiche in un territorio da conoscere e assaporare”, ed. 2011
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Val d’Arda
La Val d’Arda è la vallata che occupa la parte est del territorio piacentino, confina con la provincia di Parma e comprende oltre al corso dell’Arda, quello dei torrenti Ongina, Stirone, Chero e Chiavenna. Si sviluppa dal Po all’Appennino, tra incantevoli paesaggi fluviali, colline coltivate a vigneti, suggestive erosioni collinari dei parchi naturali, scavi romani, borghi medievali, città rinascimentali e abbazie. La zona est della valle, attraversata oggi dalla Via Emilia, fu un tempo percorsa dai pellegrini medievali che seguendo il tracciato dell’antica consolare romana, che coincideva con quello della Via Francigena, si dirigevano verso le mete di pellegrinaggio.
Il percorso della “Strada dei Vini e dei Sapori dei Colli Piacentini” parte da Carpaneto Piacentino. Il vivace centro commerciale di origine romana sfoggia tracce del passato nel palazzo municipale e nella chiesa parrocchiale con affreschi della scuola del Bibiena.
Lasciando Carpaneto P.no, percorrendo strade secondarie che tagliano le verdissime colline della Val Chero, del Chiavenna e del Vezzeno, superando il castello di Sariano, con i resti della roccaforte del XIV secolo, si raggiunge Gropparello che, con il suo castello arroccato su una rupe, domina la valle sul Vezzeno.
Proseguendo si arriva a Veleia, una delle più importanti zone archeologiche dell’Emilia-Romagna, tuttora oggetto di campagne di scavo, situata nei pressi del Parco Provinciale del Monte Moria, un’area boscata con praterie situata sulle pendici del Monte Croce dei Segni. Veleia, scoperta verso la metà del XVIII secolo, fu fiorente municipio romano e conserva la struttura urbanistica della Roma Giulio-Claudia: il sito si sviluppa attorno al foro con basilica e ai quartieri di abitazione. In estate i resti archeologici si rianimano attraverso spettacoli teatrali classici.
La “Strada dei Vini e dei Sapori dei Colli Piacentini” continua per Lugagnano Val d’Arda, dove i calanchi del Monte Giogo ricchi di fossili formano il contesto ambientale dell’abitato; degno di nota è il settecentesco Palazzo Gandolfi, sede del municipio, oltre alla chiesa parrocchiale di San Zenone.
Da Lugagnano Val d’Arda la strada, accompagnata da colline, dirupi e calanchi, testimonianze di quando, durante il Pliocene, il mare lambiva le pendici dell’Appennino e vi nuotavano balene e pesci, di cui sono rimasti i resti nelle argille grigio-azzurre della zona, arriva a Castell’Arquato. Il borgo medievale è adagiato sulle colline plioceniche della Riserva naturale del Placenziano, distribuita tra il torrente Ongina e il rio Osello; attraverso una passeggiata panoramica tra antiche case e botteghe artigiane, si arriva al centro storico del borgo, collocato sulla sommità della collina, qui si trova la piazza del Municipio, sulla quale si affacciano gli edifici simbolo del potere religioso e politico: la splendida Collegiata romanica di Santa Maria, le torri della Rocca del XIV secolo e il massiccio Palazzo Pretorio, realizzato alla fine del XIII secolo e ampliato nel Quattrocento. Da visitare è il Museo Geologico che conserva i fossili trovati in zona.
Da Castell’Arquato una breve deviazione conduce a Vigolo Marchese, con la parrocchiale e il battistero romanici, qui la strada prosegue nei vigneti della Val Chiavenna, per tornare a Lugagnano.
Quindi in breve si giunge a Vernasca, posta sul crinale tra il torrente Arda e il torrente Ongina, con il campanile e l’abside della pieve romanica di San Colombano.
Il borgo medievale di Vigoleno domina la valle del Parco regionale dello Stirone, dove il torrente, segnando il confine tra le province di Piacenza e di Parma, scava il proprio alveo negli affioramenti argillosi e sabbiosi del Pliocene e del Pleistocene, ricchi di fossili e in particolare di molluschi. Il borgo presenta una pianta ellissoidale ed è cinto da mura merlate, percorse da un camminamento di ronda dal quale si ammira un panorama mozzafiato. L’accesso al borgo è sottolineato dalla presenza del rivellino e dal mastio quadrangolare aperto al pubblico. Dal mastio si accede alla seconda torre del borgo, in prossimità della quale sorge la parte residenziale del castello che è proprietà privata. Superate le fortificazioni si arriva alla piazzetta con fontana, su cui si affaccia l’oratorio della Madonna delle Grazie. La Pieve di San Giorgio si trova invece nei pressi delle mura orientali, risale al XII secolo ed è uno degli esempi di architettura sacra romanica più importanti nel piacentino.
Da Vigoleno, si tiene per Castelnuovo Fogliani, il cui palazzo conserva un torrione del 1377, si arriva ad Alseno, quindi deviando a sinistra, si raggiunge l’abbazia di Chiaravalle della Colomba, l’ultima tappa del percorso collinare. Il complesso abbaziale, tuttora abitato dai monaci, fu fondato da Bernardo di Chiaravalle nel 1135 e conserva il magnifico chiostro quadrato con archi ogivali e suggestivi capitelli istoriati.
“Strada dei Vini e dei Sapori dei Colli Piacentini: soste enogastronomiche in un territorio da conoscere e assaporare”, ed. 2011
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Val d’Ongina
In questo territorio, posto sul confine ideale fra Parmense e Piacentino, si sviluppa la “Strada del Po e dei Sapori della Bassa Piacentina” che attraversa i comuni rivieraschi del Fiume Po con le tradizioni e le culture di cui il territorio è permeato.
Tutta la zona circostante di Besenzone era abitata già in epoca preistorica; lo dimostra la Terramare di Colombare, antico villaggio su palafitte dell’età del bronzo, poco distante da Bersano. Sembra essere stata abitata, e ovviamente coltivata, anche in epoca Romana. Un lungo periodo di incuria, nel corso dell’alto Medioevo, la riportò allo stato di palude. A partire dall’XI secolo la zona rinasce e ridiventa un fiorente centro agricolo. Ancora oggi è un comune ricco di ville gentilizie costruite tra il XV e il XIX secolo.
Corte fiorente e di una certa importanza già sullo scacchiere politico di Carlo Magno, Cortemaggiore è divenuta famosa grazie al nuovo assetto urbanistico che la sconvolse completamente nel Quattrocento. Divenne una delle città ideali del Rinascimento: di impianto rettangolare perfettamente suddiviso in quartieri assegnati alle diverse classi sociali, crebbe economicamente e socialmente in pochi anni, come capitale dello Stato Pallavicino, ma altrettanto rapidamente decadde a causa degli innumerevoli scontri e guerre che sconvolsero il suo territorio. Rifiorisce nel 1949, in seguito allo sfruttamento dei suoi numerosi giacimenti petroliferi; queste risorse le fecero guadagnare l’appellativo di capitale italiana degli idrocarburi. La strada principale è completamente porticata; sulla piazza è stata eretta la Collegiata di Santa Maria delle Grazie, esempio della cultura tardo-gotica lombarda. Il Mausoleo Pallavicino, opera di scultori lombardi, è mirabile con i suoi eleganti rilievi. Poco discosto dal centro, spiccano il notevole Convento dei Francescani e la pregevole chiesa della Santissima Annunziata. Il borgo è famoso per i suoi Mercatini dell’Antiquariato, e per la tradizionale Fiera Agricola, tra le più importanti del territorio piacentino, che si tiene da oltre 500 anni.
Oltrepassando le terre verdiane si giunge a San Pietro in Cerro. Il suo Castello, molto ben conservato, risale alla fine del XV secolo. In seguito trasformato in residenza gentilizia, la pianta quadrata, il mastio e le due torri richiamano una forma ben radicata negli edifici castrensi del territorio. Il castello, visitabile, oggi contiene l’innovativo MIM, Museum in Motion, dedicato all’arte moderna. La Chiesa di San Pietro, che venne ricostruita su quella preesistente risalente all’età romanica, conserva mirabili dipinti del Seicento e Settecento.
Attraverso un paesaggio rurale connotato dalle grandi cascine a corte aperta e da poderi e poderetti, si raggiunge Villanova sull’Arda. È probabile che Villanova sorgesse con la rinascita economica dell’XI secolo. Soarza e Cignano nei dintorni sono disseminate di preziose e antiche suppellettili: il fonte battesimale e il campanile a Soarza, gli affreschi cinquecenteschi della cappella cistercense di Cignano. Nella frazione di Sant’Agata è la Villa di Giuseppe Verdi con il suo grande parco a catturare l’attenzione dei turisti. Da semplice casa colonica, il Maestro la fece trasformare, nel 1849, in una villa romantica. In primavera, passando nelle campagne di Villanova non si può fare a meno di ammirare la fioritura dei ciliegi, frutto tipico del comune.
Proseguendo, è Castelvetro ad incantare i visitatori. Probabilmente ebbe origine da un Castrum di origine romana; da castrum vetus (un antico castello di cui non rimane traccia) sembra infatti derivare il proprio nome. Urbanisticamente la cittadina è organizzata su quattro grandi quartieri: Croce Santo Spirito, Mezzano Chitantolo, San Pietro in Corte e San Giuliano. Il territorio di Castelvetro, bonificato dai monaci che si avvicendarono in queste terre, è efficacemente arginato per difendersi dalle piene del Po. L’attuale Chiesa di San Giovanni Battista, dalla facciata settecentesca, è probabilmente la stessa di cui si parla in alcuni documenti già nel X secolo; all’interno è ancora ben visibile una Assunta cinquecentesca dipinta da Vincenzo Campi, mentre il palazzo municipale in stile neogotico è opera di Arnaldo Meazza.
L’itinerario prosegue, costeggiando il Po, verso Monticelli d’Ongina, caratterististico borgo fluviale. Le vie del nucleo storico sono completamente porticate; un impianto urbanistico costantemente ricorrente in questa zona. Risale al Quattrocento anche la poderosa Rocca che i Pallavicino fecero edificare in pianta rettangolare cinta dal fossato; mastio, torri cilindriche e camminamenti di ronda palesano la sua funzione difensiva, ma la delicata cappella con il suo prezioso ciclo affrescato, opera di Bonifacio Bembo, lasciano trasparire la grande cultura locale. All’interno della Rocca, per chi volesse comprendere la particolare cultura fluviale, sono visitabili il Museo etnografico del Po, l’Acquario del Po e il Museo della civiltà contadina. Più volte ristrutturata, la Collegiata di San Lorenzo, che risale al 1480, contiene preziosi affreschi e suppellettili.
La strada giunge quindi a Caorso, che sembra derivare il proprio nome dal latino Caput Ursi. Reperti del Neolitico testimoniano come la zona fosse abitata già da lunghissimo tempo; nell’età romana, collocandosi sulla via consolare che da Genova conduceva ad Aquileia segnava uno dei limiti della conquista verso il nord; i primi documenti scritti relativi a Caorso risalgono però al XIII secolo; nel primo di questi si parla della Rocca che, edificata nel 1205, doveva fungere da baluardo difensivo in funzione anticremonese. La Rocca, tuttora esistente, ha poi subito tutta una serie di interventi e rimaneggiamenti nel corso dei secoli. Risale al Medioevo anche la Collegiata di Caorso, che dopo varie modifiche nei secoli, si presenta ora in stile neogotico e racchiude al proprio interno preziosi resti di affreschi del Quattrocento. Appena usciti da Caorso, il verde si fonde con le acque del Grande Fiume nell’Oasi naturalistica De Pinedo, meta di nidificazione di numerosi uccelli acquatici.
Da qui il circuito ideale che abbiamo brevemente raccontato si ricongiunge infine con la città di Piacenza.
“Strada del Po e dei Sapori della Bassa Piacentina: in viaggio lungo il fiume Po tra terra, acqua e cibo della Bassa Piacentina”, ed. 2011
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Scopri di più sulla cucina tipica piacentina.
Vini Piacentini
Ortrugo
Il vitigno Ortrugo è sempre stato presente nel territorio piacentino, utilizzato però come uva da taglio. Con l’affermarsi della Malvasia i vigneti di Ortrugo sono stati in larga parte estirpati, ed è solo all’inizio degli anni Settanta, grazie all’interessamento di alcuni viticoltori piacentini, che esso viene riscoperto degno di dare vita ad un vino tutto suo.
Questo vino bianco si presenta giallo paglierino chiaro, tendente al verdognolo. Ha un profumo delicato ma caratteristico e in bocca risulta vivace, secco ed abboccato, con un retrogusto amarognolo.
Sono previste le tipologie Frizzante e Spumante, ed è perfetto per accompagnare piatti di pesce, formaggi molli oppure frittate di verdura;
Trebbianino
Le uve principali per la produzione del Trebbianino Val Trebbia sono: Ortrugo, Malvasia di Candia aromatica, Moscato bianco, Trebbiano romagnolo e Sauvignon, più un 15% di uve a bacca bianca autorizzate dalla provincia.
Il Trebbianino Val Trebbia ha un profumo vinoso e gradevole, un colore giallo paglierino o giallo dorato chiaro e viene proposto sia Frizzante che Spumante. Il sapore è delicato, abboccato o secco, tranquillo o vivace.
Trova il suo migliore abbinamento con gli antipasti leggeri, minestre asciutte, pesci d’acqua dolce, frittate;
Malvasia
Il vino Malvasia è ottenuto da uve della varietà Malvasia di Candia aromatica per almeno l’85% e da altre uve a bacca bianca autorizzate nella provincia di Piacenza.
I Colli Piacentini hanno ricevuto in dono dalla natura la più ricca e personale tra le diciassette varietà di Malvasia esistenti, per giunta incredibilmente versatile, tale da dare buoni vini sia Frizzanti,
sia Fermi Secchi (o quasi), sia Dolci Passiti.
L’uva Malvasia è dotata di un corredo aromatico particolarmente ricco e complesso, tutto da annusare nel vino: frutta a profusione, fiori, note erbacee, salvia, note mielate e speziate.
Di colore paglierino, a volte scarico, possiede un aroma caratteristico, anche intenso, mentre in bocca può essere secco, abboccato, amabile o dolce; sempre aromatico.
Da bersi in giovinezza, il tipo secco può abbinarsi agli antipasti, alle minestre, alle carni bianche delicate ed al pesce.
La versione amabile è consigliata specialmente con formaggi dolci, mentre il tipo dolce si abbina ai dessert.
La tipologia passito presenta un colore giallo paglierino dorato, ha profumo intenso, aromatico e caratteristico. Il gusto è ugualmente aromatico ed intenso, dolce e armonico. Si abbina a pasticceria secca.
Gutturnio
La storia di questo vino è antichissima: si trovano cenni ad un vino rosso piacentino di pregio in molti documenti risalenti addirittura all’epoca romana. Si ha la prima traccia del nome nel 1941, quando il Ministero dell’Agricoltura ha steso il primo elenco dei “vini tipici e di pregio” includendo un vino rosso profumato e fruttato, nobile e di corpo pieno: il Gutturnio, capostipite dei vini rossi piacentini.
Il vino Gutturnio viene prodotto in varie tipologie in tutta la provincia di Piacenza da uve Barbera e Croatina, ed è disponibile anche frizzante.
A seconda della tipologia e dell’invecchiamento il gusto può ovviamente variare. In generale, il Gutturnio giovane o Classico si serve con carni bianche o minestre, mentre il Superiore ben si sposa con le carni rosse e i salumi.
Il Gutturnio Riserva si presta all’invecchiamento in bottiglia o in barrique; in questi casi si ottengono vini di gran pregio adatti a piatti importanti come cacciagione di pelo oppure formaggi molto
stagionati;
Bonarda
Pare che il luogo di origine del vitigno Croatina (o Bonarda) sia la zona di Roverscala in Oltrepo Pavese. Con il tempo questo vitigno si è però diffuso moltissimo nel piacentino fino a diventare uno dei più importanti del distretto.
Il vino è ottenuto da uve della varietà Bonarda piemontese o Croatina per almeno l’85% e da altre uve di analogo colore di varietà autorizzate nella provincia di Piacenza.
In bocca può essere Secco, Abboccato, Dolce o Amabile, Leggermente Tannico, Fresco, Fermo oppure Vivace.
La Bonarda è il vino ideale per chi vuole bere un bicchiere ad ogni pasto; si adatta infatti a molti piatti differenti ma si accompagna particolarmente bene ai salumi e alle minestre. La varietà dolce invece è perfetta con fragole e pasticceria in generale.
La versione Spumante presenta una spuma fine e persistente; il sapore è dolce, armonico e vellutato. Si sposa bene con la pasticceria friabile e con la frutta primaverile;
Barbera
Le origini del vitigno Barbera sono molto antiche e legate al Monferrato, in Piemonte.
Nel piacentino, il vino è ottenuto da uve dell’omonimo vitigno presenti per almeno l’85% e da altre uve di analogo colore e varietà raccomandate o autorizzate nella provincia di Piacenza.
La zona di produzione delle uve Barbera doc comprende le vallate della Val Tidone, Val Trebbia, Val Nure e Val d’Arda. Di colore rosso rubino, al naso è vinoso e caratteristico mentre in bocca risulta Secco o Abboccato, Sapido, Leggermente Tannico, Fermo oppure Vivace.
È prevista anche la tipologia frizzante. Si accompagna bene a paste asciutte, primi e sughi, bolliti e carni bianche.
Sapori Piacentini
Coppa
La storica Coppa Piacentina DOP è facilmente riconoscibile. Di forma cilindrica, leggermente più sottile alle estremità grazie al procedimento di rifilatura del grasso e di qualche sottile pezzo di carne cui viene sottoposta; si mostra, al taglio, di colore rosso frammisto a parti marezzate bianche e rosate; la consistenza è compatta. Il profumo dolce e delicato si ritrova nel sapore morbido e pastoso, sempre più raffinato con il procedere della maturazione. Si ottiene da carni di suino delle regioni Emilia-Romagna e Lombardia. Secondo il disciplinare della Dop (ottenuto nel 1996), la sua produzione deve avvenire nell’intero territorio piacentino, mentre la stagionatura, eseguita sempre in loco, deve compiersi in località che non superino i 900 metri di altitudine.
“Strada del Po e dei Sapori della Bassa Piacentina: in viaggio lungo il fiume Po tra terra, acqua e cibo della Bassa Piacentina”, ed. 2011
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Salame
Il Salame Piacentino DOP è un prodotto a base di carne suina magra con una bassa aggiunta di grasso; documenti storici lo segnalano presente sulle tavole nobiliari europee fin dal 1700. Di formato cilindrico, al taglio si presenta rosso vivo con lenticelle di grasso bianco. Il suo aroma è fragrante; il suo sapore è dolce e delicato, e si fa più intenso con la stagionatura (che prevede un minimo di 45 giorni). Il peso può variare da un minimo di 400 grammi fino ad un massimo di un chilo. Secondo il disciplinare, la lavorazione delle carni suine (provenienti da allevamenti lombardi o emiliano-romagnoli) si effettua nella provincia di Piacenza, così come la stagionatura, che viene fatta in località poste in zone collinari o di pianura, comunque al di sotto dei 900 metri di altitudine.
“Strada del Po e dei Sapori della Bassa Piacentina: in viaggio lungo il fiume Po tra terra, acqua e cibo della Bassa Piacentina”, ed. 2011
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Pancetta
La zona di lavorazione della Pancetta Piacentina DOP ricopre l’intero territorio provinciale, ma nella Bassa aumenta la concentrazione di allevamenti suini e salumifici specializzati in questa produzione. La Pancetta Piacentina si ricava dal taglio della parte adiposa del suino, dapprima come “pancettone” e dopo una precisa rifilatura del pezzo si procede alla salagione, che viene fatta a secco con sale, pepe, chiodi di garofano, zucchero. Successivamente le pancette vengono messe in celle frigorifere, ad una temperatura di circa 4 gradi per almeno due settimane, ad un’umidità controllata di circa 70-80%. Trascorso questo periodo, si ripulisce la superficie e si arrotola la pancetta, procedendo alla sua legatura e foratura in più punti della cotenna. Lasciata asciugare per circa due settimane si procede con la stagionatura, di almeno due mesi. Una pancetta con i fiocchi presenta al taglio un colore rosso acceso, contrastato dal bianco della parte grassa. Il peso varia dai cinque agli otto chili, il sapore è dolce, delicato, equilibrato.
“Strada del Po e dei Sapori della Bassa Piacentina: in viaggio lungo il fiume Po tra terra, acqua e cibo della Bassa Piacentina”, ed. 2011
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Grana Padano
Il cacio piacentino era famoso già dal XVI secolo, quando i mercanti parmensi e milanesi lo acquistavano in quantità per rivenderlo poi sui mercati di Firenze e Lione. Ma l’origine del formaggio grana sembra risalire agli inizi dell’anno Mille: i primi artefici furono forse i monaci cistercensi dell’Abbazia di Chiaravalle piacentina. La produzione si allargò nei secoli a diverse aree della Pianura Padana: questo formaggio fu inizialmente prodotto per conservare gli eccessi di latte; la sua ottima capacità di conservazione e il suo inconfondibile sapore, ne favorirono lo sviluppo e la diffusione, al punto che la pratica della trasformazione del latte in Grana divenne un pilastro dell’economia agricola. Oggi, mentre le altre province della regione sono votate al Parmigiano Reggiano, Piacenza è l’unica che produce il Grana Padano DOP. Il Grana Padano piacentino presenta caratteristiche uniche: è dolce, compatto al taglio, di colore uniforme e non presenta occhiature. La crosta deve essere sottile, dai 4 agli 8 millimetri. Va stagionato infine da un minimo di 9 mesi a un massimo di 24 mesi.
“Strada del Po e dei Sapori della Bassa Piacentina: in viaggio lungo il fiume Po tra terra, acqua e cibo della Bassa Piacentina”, ed. 2011
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Provolone
Piacenza, si fregia di un’altra certificazione di qualità: il Provolone Valpadana DOP, che ha come zona di produzione d’elezione la Bassa del Po. Dalle vaste distese di prati non lontane dal Grande Fiume, si ricavano le miscele di foraggio che contribuiscono a dare al latte profumo e sapore. Il provolone è un formaggio dalle lontane origini meridionali, ma la cui lavorazione si è estesa fin dai tempi antichi a diverse altre località del nostro Paese. Si presenta sotto svariate forme – a cilindro, a pera, a salame – e il suo peso è variabile a seconda della forma. Esistono due varietà di Provolone Valpadana, che si distinguono principalmente per il tipo di caglio utilizzato nel processo produttivo e per la durata del periodo di stagionatura: per il Provolone dolce viene utilizzato caglio di vitello e la stagionatura si protrae per un periodo ridotto (da uno a tre mesi); per la varietà piccante si utilizzano caglio di capretto e di agnello, utilizzati insieme o separatamente, e la stagionatura si protrae per un periodo superiore a tre mesi (per i formati più grossi la stagionatura può durare anche più di un anno).
“Strada del Po e dei Sapori della Bassa Piacentina: in viaggio lungo il fiume Po tra terra, acqua e cibo della Bassa Piacentina”, ed. 2011
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Aglio di Monticelli
Monticelli d’Ongina è famosa da anni per l’aglio prodotto nel suo territorio, caratterizzato dall’elevata capacità di conservarsi a temperatura ambiente. La prima domenica di ottobre vi si svolge la tradizionale fiera internazionale dedicata a quest’ortaggio. La selezione della varietà di aglio piacentino bianco è riconosciuta dal Ministero fin dal 1982. La zona di produzione proposta per il bianco di Monticelli è leggermente più ristretta di quella dell’aglio piacentino bianco, ma comprende: Besenzone, Cadeo, Calendasco, Caorso, Castelvetro, Cortemaggiore, Fiorenzuola, Gossolengo, Gragnano, Monticelli, Piacenza, Podenzano, Pontenure, Rottofreno, Sarmato, San Pietro in Cerro e Villanova, e parte di Agazzano, Alseno, Borgonovo, Carpaneto, Castellarquato, Castelsangiovanni, Gazzola, Pontedell’olio, Rivergaro, San Giorgio e Vigolzone (la zona fa perno su Monticelli d’Ongina).
“Strada del Po e dei Sapori della Bassa Piacentina: in viaggio lungo il fiume Po tra terra, acqua e cibo della Bassa Piacentina”, ed. 2011
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Ciliegie di Villanova
Il comune di Villanova, grazie alle sue ciliegie ricche di gusto e sugose, può competere tranquillamente con Vignola. Il terreno fresco e permeabile della Bassa è l’habitat favorevole alla crescita dei ciliegi, e difatti non è difficile trovarvi maestosi alberi secolari. In queste stesse zone, se un tempo si tendeva a praticare una cerasicoltura promiscua, ovvero mischiata ad altre colture, oggi si tende a specializzarsi nella coltivazione dei dolci frutti rossi. A Villanova sono presenti le varietà di ciliegia piacentina più antiche: Flamenco, Pavesi, Mora piacentina, Mori, Marasca di Villanova, Prima, Primissima, Smirne, Mora di Diolo.
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Pomodoro
Il pomodoro ha raggiunto le cucine europee in tempi relativamente recenti e, sebbene importato nel Belpaese già nel Cinquecento, soltanto due secoli dopo è stato impiegato nell’alimentazione. Pochi secoli durante i quali il territorio piacentino si è accaparrato una percentuale assolutamente rilevante della produzione nazionale di pomodoro. Qui si coltivano pomodori da mensa e da industria. Con i secondi si producono salse, cubettati e concentrati: Piacenza e la sua Bassa sono famose per il triplo concentrato di alta qualità.
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Approfondimenti
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